A Cenerentola cantavano che i sogni sono desideri,io posso solo dire di non aver mai voluto e creduto così tanto in un progetto che si è realizzato.
Da grande volevo fare la logopedista ma mentre studiavo volevo un lavoretto e senza rendermene conto mi ritrovo educatrice, prima sul campo e poi guardandomi dentro. Eppure non trovavo il mio posto da educatrice nel mondo e allora da vera me (chi mi conosce può capire) mi dico “se un posto nel mondo per me non c’è, me lo creo”, ed inizia l’avventura. Seguo corsi su come aprire un servizio per l’infanzia, mi documento su tutta la legislazione iniziando a farmene una cultura e intanto continuo a studiare ma questa volta Scienze dell’Educazione.
So tutto,o almeno credevo e mi metto a cercare,e qua inizia il bello perché passano tre anni fatti di ricerche anche assurde:capannoni grezzi,case da riconvertire con cambi destinazione ad uso,zone catastali non adatte,troppi pochi metri quadri,questa è su tre livelli,tranquilla mettiamo il montacarichi e la migliore di tutte “compra il terreno e te lo costruisco io da nuovo l’asilo” ma la ditta da li a poco fallisce.Non vi parlo delle porte in faccia da parte di banche e uffici amministrativi e dei loro occhi grandi e sbarrati che mi guardavano tra il tenero e la pazzia,posando i loro occhi sulla mia pancia che cresceva giorno dopo giorno.
Eh si avete capito bene, aspettavo Matilde, la mia dolce Matilde perché avevamo capito che nella vita non si può sempre aspettare il momento giusto. Capite però che non è solo una questione economica, cioè lo è ma non solo: non mi sono mai abbattuta, anche se le frustrazioni sono state tante, i momenti bui di più ma ero sempre ben sostenuta da molte persone, ma due sopra tutte. Chi in me già non vedeva più una bambina e sarebbe poi diventato mio marito e Lei, che in me ha sempre creduto più di me stessa, come solo una madre può fare, appunto la mia Mamma. Anzi, se davvero voglio essere precisa stavo realizzando un sogno per due, il mio e il suo. Poi un giorno arrivo qui, con il mio enorme pancione, entro, respiro profondamente e mi sento a casa. Poso gli occhi in giro e capisco subito che questa volta ce l’avevo fatta, si poteva fare, dovevo solo partorire.
Siamo a Marzo 2013,io ho partorito ed il più mi sembrava fatto, ma tenera la me di quegli anni adesso c’era solo da divertirsi perché iniziava l’iter burocratico con cui ho litigato tanto. Forse perché sono fatta male o forse perché è il sistema fatto peggio, sta di fatto che l’autorizzazione all’esercizio arriva solo a Dicembre 2013 dopo ben 9 mesi, ironia della sorte un altro parto. So che vi state chiedendo 9 mesi per cosa? Ve lo spiego subito: inserimento piani di zona, pareri preventivi ULSS, autorizazzioni progetto ULSS, carte varie ed eventuali in comune per iniziare i lavori, proseguirli, chiuderli, ispezione ufficio tecnico, agibilità, abitabilità, ispezione ULSS e finalmente è fatta, dopo tempi biblici per fissare un appuntamento e firmare carte assurde, era fatta.
Ora mi faccio una grandissima risata, ma ai tempi erano lacrime, nervi a fior di pelle e paura, costante paura di non farcela. Ogni giorno una sorpresa, chiamate interminabili con quel santo di un architetto per risolverne una al giorno, lavori che si inceppavano, cose che non si incastravano, il budget sempre scarso perché che tu ne abbia o no, i soldi sono sempre pochi. Come fare per non demoralizzarsi? Non lo so, non ho nessuna ricetta, io l’ho sempre chiamata forza dell’incoscienza e guardandomi indietro posso solo dirvi che la frase che più ripeto a me stessa è proprio “Come ho fatto”. Ora è la frase più bella e dolce che mi culla perché mi ricorda tutti i giorni da dove sono partita, i sacrifici, le energie investite per qualcosa che ora ho capito come chiamare: briciole di bene.
Come i primi genitori che fissavano appuntamenti, volevano vedere, conoscere e qualcuno iniziava a darti fiducia. Era iniziato il passaparola, le iscrizioni aumentavano ed io tornavo a casa da Matilde dicendole che anche oggi erano arrivati nuovi amichetti. Ed il sorriso non poteva che essere a millemila denti. E’ Dicembre e finalmente stingevo tra le mani il pezzo di carta più bello e complicato che esistesse, ce l’avevo fatta e con me coloro che non mi avevano mai mollato un attimo. Finalmente stappavamo la bottiglia, domani avremmo iniziato a fare sul serio con gli inserimenti, la spesa da fare e le un progetto educativo da realizzare ❤️
Avere le carte in mano era solo il punto di partenza. L’avventura iniziava adesso con il nido non più vuoto ma abitato da persone grandi e piccine. Quando avevamo pensato e poi progettato il nido avevamo solo una parola che ci tormentava e che poi ha saputo illuminare la strada: QUALITA’, un percorso educativo di qualità e vi spiego subito. Ogni scelta da prendere e presa, ambiva ed ambisce tutt’ora a cos’è meglio per il bambino e le famiglie: dalla cucina interna fortemente voluta per seguire meglio l’alimentazione dei piccolissimi alla massima flessibilità per i genitori senza cadere nella gestione ad ore, dall’inserimento tutto l’anno alla sezione unica ed eterogenea ma suddivisa per isole di gioco pensate e strutturate per le diverse esigenze di sviluppo delle diverse età, dalla scelta dei materiali per i bambini al budget perennemente in rosso, dagli incontri con esperti per sostenere la genitorialità alle feste, tante feste ed occasioni di incontro per festeggiarsi e festeggiare.
E’ stato semplice? No, per niente, abbiamo fatto tanti sacrifici, i primi anni entravamo al nido alle 7.30 e non uscivamo prima delle 18.30.Matilde ha vissuto più in queste mura che in quelle di casa e Vittoria avrebbe potuto nascere direttamente tra questa mura (si, non vi ho detto che nel 2015 divento mamma bis di un vulcano di energie e simpatia).
Abbiamo fatto errori? Si perché aprire e gestire un servizio educativo è una continua ricerca di equilibri, ma sono sicura che tornassi indietro non cambierei il corso degli eventi perché dagli errori si impara a non sbagliare più. C’è una sola cosa di cui vado più fiera: non essere mai scesa a compromessi soprattutto quando la strada era in salita e aver dimostrato fino ad oggi che chi ci dava un anno e poi il fallimento, ha fatto male i suoi conti.
Abbiamo iniziato con la conduzione famigliare, io e mia mamma educatrici in sezione e mia sorella cuoca in cucina, volevamo restare per lo meno casa anche se le persone che hanno abitato il nido negli anni sono cambiate e hanno preso strade diverse. E casa resteremo per tutti coloro che ancora vorranno credere con noi in questo sogno che è diventato realtà, proprio come cantavano a Cenerentola.